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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI "LA SAPIENZA"

 

FACOLTÀ DI LETTERE

 

CORSO DI LAUREA IN LINGUE E LETTERATURE STRANIERE MODERNE

 

DIPARTIMENTO DI STUDI ORIENTALI

 

Anno Accademico 1993-94

 

LETTERATURA E TEATRO NELL'AVANGUARDIA GIAPPONESE:   TERAYAMA SHÛJI

 

LAUREANDA: ALESSANDRA PAGANELLI   matr. 10077445

RELATORE:                         CORRELATORE:

Chiar.ma Dott.ssa                     Chiar.ma Prof.ssa

M. GIOIA OTTAVIANI                    M. TERESA ORSI

ROMA

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PARTE Iª
TERAYAMA SHÛJI

 

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INTRODUZIONE

LE ORIGINI DEL TEATRO GIAPPONESE MODERNO

 

Prima di addentrarci nell'esame specifico del teatro di Terayama Shûji, è opportuno dare uno sguardo preliminare agli antefatti culturali e artistici da cui il teatro giapponese d’avanguardia, di cui Terayama è stato una figura rilevante, ha preso le mosse. Il processo di sviluppo, che portò al passaggio dal teatro cosiddetto 'moderno' all'avanguardia, denota una netta frattura con il passato e un deciso rifiuto delle tradizioni precedenti, fino a raggiungere posizioni diametralmente opposte rispetto alle forme da cui i gruppi del teatro di underground avevano preso le distanze.

La nascita del teatro giapponese cosiddetto 'moderno'  risale al periodo Meiji[1]. In questa epoca l’attributo 'moderno', come osserva Takada Kazufumi, possedeva un significato molto preciso e particolare:

 

"Non è del tutto semplice definire il concetto di 'moderno' in termini generali. Ma per i giapponesi della era Meiji, il termine moderno aveva una denotazione abbastanza chiara e concreta: esso era il sinonimo di 'occidentale' o 'europeo', e con questi termini ci si riferiva evidentemente all’occidente o all’Europa dell’Ottocento. Il concetto di moderno si identificava, quindi, con il modello culturale ottocentesco europeo esemplificato dal razionalismo scientifico nel campo filosofico e dal realismo e poi dal naturalismo in campo letterario"[2].

Sarà proprio dall’influenza che la corrente del Realismo e, successivamente, la corrente del  Naturalismo[3] eserciteranno su parte degli autori di fine secolo che scaturirà una forma teatrale rivoluzionaria rispetto ai canoni classici del e del kabuki[4]. Questa forma sovvertirà le regole su cui si era fondato fino a quel momento il teatro giapponese.

 

E’ interessante rilevare che secondo Takada Kazufumi  lo sviluppo del teatro in epoca Meiji è un esempio tangibile del processo di modernizzazione della società giapponese. Modernizzazione che è avvenuta per il Giappone in maniera forzata, del tutto repentina e innaturale, provocando un impatto sociale molto grave. Il teatro, nella sua qualità di specchio della società che lo ha prodotto, rappresenta una delle forme artistiche e letterarie in cui questo impatto si può riscontrare in maniera più evidente.

In ogni caso, nonostante un avvio tanto brusco, l’evoluzione della avanguardia teatrale giapponese, al contrario di quanto è avvenuto in altri paesi, sarà un fenomeno lineare, in grado di fornire un’immagine molto chiara delle varie tappe.

Negli ultimi anni del XIX secolo, le correnti di pensiero provenienti dall’Europa portarono alla nascita del genere teatrale dello Shinpa[5], forma di stampo realistico, sorta in netto contrasto con il processo di forte stilizzazione del teatro Kabuki[6].

I primi tentativi di cambiamento del teatro giapponese, avvennero proprio nell’ambito del Kabuki, grazie all’opera dell'autore-attore Kawakami Otojirô (1864-1911), il quale, con l’auto della sua compagna Sadayakko e del "Gruppo per la Riforma del Teatro" (Seigeki Undô), tentò una modernizzazione dei temi e delle tecniche teatrali, sotto l’influsso delle correnti letterarie europee. Kawakami scrisse, tra l’altro, dei riadattamenti in chiave kabuki di opere di Shakespeare, Ibsen, Maeterlinck.

Si andarono ben presto delineando due nuovi stili:

- il Katsureki-geki, ossia un tipo di dramma con argomento storico giapponese, steso con il proposito di applicare i canoni realistici propri del teatro occidentale, conciliandoli con la fedeltà storica, ma che in realtà si rivelò un fallimento dal punto di vista del pubblico, essendo tanto approfondito nei particolari storici da risultare incomprensibile agli spettatori comuni;

- lo Zangiri-kyôgen, genere che si proponeva di avere come argomento i costumi e i fenomeni sociali della nuova epoca. Questo ultimo genere in realtà era quasi totalmente identico al precedente teatro kabuki, con la superficiale aggiunta di elementi caratteristici della nuova realtà, come l’uso del gas, le banche, la luce elettrica, il servizio postale e così via.

 

In ogni caso anche la riforma del teatro si svolse sotto il controllo del governo, nell’ambito del programma di modernizzazione che avrebbe dovuto toccare ogni aspetto del sistema sociale.

Lo Shinpa nacque perciò:

 

"Come mezzo di propaganda politica del cosiddetto ‘Movimento per la libertà ed i diritti civili’."[7]

Questo nuovo genere - qualunque siano state le premesse alla sua nascita, fu comunque molto importante per la modernizzazione del teatro giapponese, sia per l’opera  di divulgazione di scritti teatrali europei, sia per aver permesso finalmente alle donne di recitare[8].

 

Caratteristica particolare dello Shinpa fu quella di unire il genere tradizionale e le opere teatrali occidentali, creando una fusione bizzarra tra stile estetico tradizionale e testi occidentali. Compiendo un esame di questi ultimi si deduce che gli uomini di teatro giapponese non si limitavano ad una semplice traduzione; compivano piuttosto una rielaborazione dei loro contenuti sulla base del gusto e della cultura giapponese.

 Questo nuovo genere ottenne un  notevole successo di pubblico; il livello qualitativo delle produzioni, al contrario,  non fu in genere molto alto: a parte Shakespeare, quasi tutti gli autori a cui lo Shinpa attinse appartenevano al teatro borghese ottocentesco, e venivano trattati spesso in maniera piuttosto superficiale.

Proprio queste caratteristiche spinsero gli uomini di teatro della generazione successiva a cercare di portare in scena le opere occidentali attenendosi ai contenuti originali, e soprattutto a curare l’aspetto letterario, scegliendo tra le opere di maggior rilevo e valore, e prestando una particolare cura alla fedeltà della traduzione.

Sono questi i presupposti che portarono, verso la fine dell’era Meiji, alla nascita del vero teatro giapponese moderno, lo Shingeki[9].

Inizialmente, anche nel caso di questo nuovo genere, il repertorio comprendeva solo  opere teatrali occidentali.

Le iniziative più interessanti nate nel primissimo periodo dello Shingeki sono la creazione nel 1906 del Bungei Kyôkai (associazione delle arti letterarie) e, nel 1909, del Jiyû Gekijô (teatro libero). Il fondatore della Bungei Kyôkai, Tsubouchi Shôyô[10], sentiva l'esigenza di imprimere una svolta al teatro giapponese moderno; per ottenere un cambiamento che risultasse radicale e duraturo si propose estirpare il teatro precedente fin dalle radici, preoccupandosi di formare una nuova generazione di attori che, studiando recitazione sotto la sua direzione, sulla base di teorie "moderne" (ossia derivanti dalla cultura straniera), risultasse libera dalle tradizioni sceniche e dai condizionamenti interpretativi del passato. A questo  scopo fondò una scuola di recitazione ed evitò di ingaggiare attori che provenissero dal teatro tradizionale, sia kabuki, sia Shinpa, per assicurarsi di poter operare su materiale ancora da plasmare. Tsubouchi ebbe successo nel suo tentativo di compiere una totale cancellazione delle tradizioni giapponesi soppiantandole con altre proprie della cultura occidentale, gli attori che uscirono dalla sua scuola infatti, possedevano una tecnica di recitazione del tutto differente da quella tradizionale. Essi continuarono la loro attività anche dopo lo scioglimento del Bungei Kyôkai, in seguito a problemi tra i vari membri del gruppo, diffondendo le tecniche acquisite sotto la direzione di Tsubouchi, ponendo così le basi  per lo sviluppo dello Shingeki nel periodo successivo. Quanto al Jiyû Gekijô, esso fondato da due giovani, Osanai Kaoru e Ichikawa Sadanji. Il primo proveniva da una deludente esperienza come regista nello Shinpa, genere ormai logoro; era pertanto desideroso di trovare una nuova via che risollevasse le precarie sorti del teatro giapponese moderno; il suo tentativo non si limitò ad una ricerca di nuove risorse in patria. Nel 1912 infatti, tre anni dopo la fondazione del Jiyû Gekijô, effettuò un viaggio di studio in Europa; visitò tra l'altro l'Inghilterra e la Russia, dove ebbe modo di assistere ad alcuni allestimenti del Teatro d'Arte di Mosca curati da Stanislavskij; l'altro membro fondatore del Jiyû Gekijô, Ichikawa Sadanji, proveniva da una famiglia di attori del teatro Kabuki, ma, anche in seguito ad un viaggio in Europa, era desideroso di trovare nuove forme per il teatro giapponese. Essendo tutti i suoi componenti attori Kabuki, il Jiyû Gekijô era composto di soli uomini.

Il Jiyû Gekijô rappresento molti spettacoli di autori occidentali da Ibsen, a Cechov, a Gorkij, a Maeterlink. Nel caso della messa in scena di Borgman di Ibsen, allestito sotto forma di spettacolo Kabuki, Osanai riscosse un enorme successo e ottenne l'approvazione di molti intellettuali per la sua regia moderna ed innovativa e soprattutto per l'originalità del nuovo spettacolo.

Nonostante i successi ottenuti, il Jiyû Gekijô fu costretto a chiudere nel 1919 in seguito a gravi difficoltà finanziarie.

L’affermazione completa dello Shingeki avvenne nel 1924 con la fondazione del gruppo, facente capo allo Tsukiji Shôgekijô (il Piccolo Teatro di Tsukiji) capeggiato, stando a quanto afferma P. Arnauld, da Osanai Kaoru[11]. La grande innovazione apportata da questa compagnia fu quella di interessarsi non solo del teatro occidentale realistico e naturalistico ma anche del teatro d’avanguardia europeo, simbolistico ed espressionistico. La vita di questo teatro fu purtroppo molto breve: dopo la morte di Osanai, nel 1928, lo Tsukiji Shôgekijô fu costretto a chiudere.

Nel 1930 fu fondato lo Shin Tsukiji Shôgekijô (Nuovo Tsukiji), fondato da Osanai Kaoru,diretto da Hijikata Yoshi, un seguace di Osanai. Stando a quanto afferma Lorenzoni nella sua 'Storia del teatro giapponese' - Hijikata, al ritorno in Giappone dal suo soggiorno di studi presso il Teatro d'Arte di  Mosca durato sei anni, entrò nel movimento proletario, facendo molti proseliti tra i suoi colleghi. Lo Shin Tsukiji Shôgekijô si proponeva dunque scopi politici.

Iniziarono ben presto a proliferare tutta una serie di compagnie teatrali, definite come "Teatro Proletario", le quali possedevano l’obiettivo comune di esaltare i propri ideali rivoluzionari. A partire dal 1933 il governo accentuò l’oppressione sempre esistita nei confronti di questi gruppi. Alcuni attori vennero arrestati mentre altri furono costretti a riparare all’estero. L’unico gruppo che fu libero di proseguire la propria attività in questi anni fu il Bungaku-za, fondato nel 1938 e politicamente neutrale. In seguito il Bungaku-za sarebbe divenuto nel dopoguerra uno dei principali gruppi teatrali,; posizione che ha mantenuto fino ai nostri giorni.

 

Dopo la fine della seconda guerra mondiale il realismo, che era statao la caratteristica portante dello Shingeki, andò degenerando in pura tecnica, perdendo via via tutti i contenuti. Lo Shingeki si andò trasformando così in uno stile vuoto e cristallizzato.

Lo Shingeki è una forma tuttora esistente nell'ambito del teatro giapponese, anche se, fatte le debite eccezioni, come nel caso di personaggi della caratura di Kinoshita Junji, le sue caratteristiche sono ormai piuttosto standardizzate.

 

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CAPITOLO I 

L'AVANGUARDIA GIAPPONESE E TERAYAMA SHÛJI

 

Nel capitolo introduttivo abbiamo avuto modo di vedere, in linee generali, i fermenti riguardanti il teatro che si erano andati sviluppando nel Giappone di inizio secolo ed in particolare la nascita dei generi dello Shinpa e successivamente dello Shingeki .

In campo teatrale l'ulteriore innovazione sorse e si consolidò, nel Giappone del dopoguerra, in opposizione allo Shingeki, genere che, come abbiamo visto, si era andato trasformando in una forma piuttosto cristallizzata, povera di contenuti profondi.

Donald Richie dichiara che a fare da cerniera tra lo Shingeki e il teatro d’avanguardia sta l’opera di un gruppo di autori, primi fra tutti Abe Kôbô[12] e Betsuyaku Minoru[13], le cui opere vertono su temi giapponesi pur affidandosi ancora alle forme proprie del teatro sperimentale occidentale. Questo tipo di teatro più che avanguardia si può considerare una evoluzione estrema dello Shingeki.

 

Sebbene il nuovo teatro, sorto intorno agli anni '70, non presenti un'uniformità tra i vari esponenti, e non sia possibile racchiuderlo sotto una denominazione particolare, esso viene generalcomplessivamente identificato con l’appellativo generico di “avanguardia”, conferito senza distinzioni a tutti i gruppi aventi in comune l'obiettivo della ricerca di un nuovo modo di fare teatro.

Tenendo presente che mai come nel caso dell'avanguardia teatrale giapponese sia difficile e rischioso generalizzare cerchiamo di tracciare un quadro delle caratteristiche comuni ai vari esponenti di questo movimento.

Uno degli elementi distintivi ascrivibili in generale alle nuove tendenze consiste in un deciso ritorno alle radici culturali ed etniche giapponesi, e a una rivalutazione del patrimonio tradizionale.

Probabilmente questa esigenza è scaturita in risposta alla degenerazione endogena dello Shingeki, quasi completamente ispirato alla cultura occidentale, e non di meno al bisogno di ritrovare un’identità nazionale dopo i durissimi colpi subiti dal Giappone nel periodo bellico.

A tutt’oggi il teatro d’avanguardia giapponese non presenta infatti una forma caratteristica, né si può racchiudere in una denominazione particolare.

E’ costituito da gruppi distinti che comunque, pur nella differenza delle forme, hanno in comune gli scopi e i risultati. Uno degli aspetti comuni a quasi tutti i gruppi d’avanguardia è costituito dal concetto di anarchia che spesso rappresenta uno degli scopi del loro teatro. Altro elemento comune a molti dei gruppi teatrali d’avanguardia in Giappone è costituito dalla cura, spesso eccessiva, nei confronti dell'immediato passato. Va notato che questi gruppi, nell'arco della storia del Giappone, scelsero molto spesso di ambientare i loro spettacoli nello spazio di uno sparuto momento, risalente all’epoca immediatamente precedente la nascita degli autori stessi, vale a dire la fine dell’era Taishô e il primo periodo Shôwa, visti come una mitica età dell’oro e dell’innocenza, un’epoca idilliaca a cui attingere per decorare la sbiadita e scialba età postbellica[14].

 

La prima grande figura dell’avanguardia teatrale sorta in Giappone nel dopoguerra fu senz’altro Hijikata Tatsumi, il cui teatro, l'Asbestokan, si può considerare la culla del movimento teatrale d’avanguardia giapponese, nel decennio tra il 1950 e il '60.

Stando a quanto afferma Donald Richie, il teatro di Hijikata risente in piccola parte dell’influenza dello Yose:

 

"L'influenza teatrale su Hijikata, se un'influenza ci fu, fu il teatro Yose, la rivista di varietà, ovvero le grossolane e volgari rappresentazioni del Giappone prebellico. Questo ambiente è ancora in mostra perché è ancora parte del movimento d'avanguardia. Lo si può vedere nelle produzioni di Hijikata, in quelle del suo, allievo Ashikawa Yôko, e in coloro che da lui si staccarono, come il Gruppo Dairakudakan."[15]

Il gruppo di Hijikata,, attivo dagli anni ‘50 fino agli inizi del decennio successivo, fu il primo a portare sulle scene giapponesi spettacoli con caratteristiche innovative. Sebbene i suoi spettacoli venissero presentati come ‘danza’, si trattava piuttosto di azioni mute. Le caratteristiche peculiari di questo genere di rappresentazioni consistevano nella durata, nelle giustapposizioni sensazionali, nell’apparente irrazionalità, e nella ricerca della noia intesa come elemento drammatico. Un’altra caratteristica che diede una svolta particolare al teatro di Hijikata è da rintracciarsi nella sua qualità di ‘teatro della povertà’, appellativo dovuto alla estrema sobrietà e stringatezza delle scene e dei costumi, fabbricati con materiali poveri e quotidiani.

Gli allestimenti di Hijikata offrivano un quadro apocalittico che, unitamente all’idea generale di fine del mondo, assumeva piuttosto il significato particolare di fine del Giappone.

 

 Un nuovo fondamentale evento verificatosi nell'ambito dell'avanguardia giapponese, risale alla fine degli anni ‘60, quando Terayama Shûji fondò il laboratorio teatrale del Tenjô Sajiki.

La sua compagnia divenne, nei primi anni ‘70, il gruppo d’avanguardia più importante del Giappone. Nel panorama del teatro giapponese di underground"underground", Terayama e il suo gruppo figurano come una sezione a sé, indipendente, per quanto riguarda le forme e i contenuti dal resto dell'avanguardia teatrale giapponese contemporanea. Gli unici elementi che Terayama conserva in comune con gli altri gruppi di underground sono icostituiti dal background culturale e soprattutto sociale - con particolare riferimento ai fermenti di protesta giovanile sorti in Giappone intorno agli anni '60 - e l'uso di 'spettacoli di strada'. Per quanto riguarda i modi con cui il Tenjô Sajiki raggiunge i suoi intenti di rivendicazione e protesta sociale e le caratteristiche specifiche degli spettacoli che Terayama ha saputo ideare, essi sono originali, e non è possibile di accomunare il Tenjô Sajiki ad altri gruppi sorti in Giappone nel dopoguerra. Studiando i suoi scritti per il teatro e le sue teorie sul teatro contemporaneo si ha l'impressione che Terayama abbia saputo rielaborare in maniera del tutto originale le idee e le tendenze teatrali contemporanee giapponesi ed europee, fondendole alla tradizione nel tentativo di ottenere una miscela che fungesse da detonatore per scardinare i preconcetti e le trite e cristallizzate convenzioni sociali. Per quanto riguarda i possibili aspetti comuni tra Terayama ed altri esponenti dell'avanguardia giapponese, Donald Richie vede qualcosa in comune tra il mondo raffigurato all'interno delle opere di Terayama e il mondo di Hijikata Tatsumi, con particolare riferimento alla caratteristica, frequente nelle opere teatrali  di Terayama, di richiamare alla memoria epoca Taishô e il primo periodo dell’epoca Shôwa. Allo scopo di far riflettere gli spettatori egli riesuma un mondo controverso e contraddittorio, risalente al periodo Meiji, che unisce il patetico tentativo di imitazione della vistosa eleganza occidentale ai miseri resti del passato giapponese.

Le storie raccontate da Terayama sono spesso volutamente melodrammatiche,  deliberatamente infantili e intenzionalmente comiche; egli invita lo spettatore a guardare il proprio teatro spassionatamente, con ironia, e spesso dai suoi allestimenti scaturisce una sensazione di anarchia priva comunque di qualsiasi connotazione politica.

 

Il tema dell’anarchia, come abbiamo visto, costituisce uno dei fili conduttori tra i vari gruppi d’avanguardia.

 

La compagnia che maggiormente si è distinta per anarchia ed estremismo è probabilmente il Gruppo Zero Jikken di Katô Yoshihiro, formato da giovani attori e attrici che eseguono rappresentazioni occasionali e quasi esclusivamente spontanee. Questi uomini recitano molto spesso quasi completamente nudi (cosa piuttosto rara in Giappone), le loro rappresentazioni consistono in danze orgiastiche che implicano elementi sadomasochistici. Lo scopo di tali rappresentazioni è quello di richiamare alla mente un Giappone primitivo e incontaminato, rendendo evidente al tempo stesso la condizione attuale di "deserto metropolitano".

 

Un altro importante esponente del genere d'avanguardia giapponese è il gruppo del Jôkyô Gekijô, capeggiato da Kara Jûrô (1940 - ), anch’esso si ispira allo Yose e al melodramma popolare del primo periodo Shôwa, così come ai giornali a fumetti, al Kabuki di provincia, ai vecchi film privi di valore,: a tutto quanto possa dare l’idea di provinciale e démodé.

Il suo teatro è privo delle implicazioni narcisistiche proprie del teatro di Terayama, nasconde piuttosto, dietro i dialoghi scherzosi e la scenografia spesso oltraggiosa, degli intenti velatamente politici, procurandosi in questo modo la simpatia e l'appoggio dei dissidenti.

 

Come abbiamo avuto modo di vedere dando una rapida scorsa ai principali gruppi che animarono e animano tuttora il teatro "underground" in Giappone, le direzioni e gli stili intrapresi variano di molto a seconda del gruppo preso in esame; se si volesse comunque rintracciare l’elemento che dà unità ai vari stili, potremmo dire che consiste proprio nella ‘ricerca’, obiettivo primario per ogni esponente, e nell’essere comunque ‘anti-arte’.

Donald Richie ha individuato nell’opera grafica di Yokoo Tadanori uno degli elementi che conferiscono una comunanza di fondo alla maggior parte di questi gruppi.

Egli afferma che la produzione di Yokoo ebbe enorme influenza sull’avanguardia teatrale giapponese ed in particolar modo sull’opera di due tra i suoi maggiori esponenti: Terayama Shûji e Kara Jûrô.

L’iconografia usata da Yokoo nelle sue prime opere grafiche e illustrazioni è permeata da un evidente cattivo gusto, si tratta di un linguaggio iconografico che mai fino ad allora l’"arte" aveva usato in Giappone. Questo elemento rispecchia la volontà di Yokoo di scuotere e far riflettere lo spettatore.

I suoi bozzetti e le sue illustrazioni sono caratterizzati dall’uso di colori vivaci, dal frequente ricorso ad emozioni quali la gioia, rappresentata facendo ricorso all’ilarità e il dolore, rappresentato tramite il pianto; dalla tecnica del collage e dall’impiego di immagini caratteristiche dell’arte popolare di fine epoca Meiji e di epoca Taishô tipiche delle illustrazioni dei giornali ed in particolar modo della pubblicità.

Il tutto mirato a creare un’atmosfera infantile dall’apparenza ingenua e innocente.

La produzione di Terayama riflette per diversi aspetti quest’influenza. Ecco come Yokoo, nel corso di un’intervista, definisce il suo rapporto con Terayama:

 

"Terayama mi spiegava lo spettacolo, ma un tipo di teatro quale era il suo non aveva assolutamente una storia, una trama. Il mio compito era quello di realizzare immediatamente una scenografia, e le nostre due arti, pur procedendo separate, alla fine coincidevano. Poteva accadere che Terayama vedendo un palco allestito da me pensasse al momento cosa recitarci e solo a quel punto si accingesse a scrivere i dialoghi. In questo senso posso dire che, più che essere la scenografia subordinata al testo, dai due elementi combinati scaturisse un’energia che andava a colpire lo spettatore. [...] Terayama riteneva di aver prodotto un’utilizzazione della mia produzione. Voglio dire che la mia scenografia in quanto tale funzionava da stimolo per la sua fantasia e in questo modo progredivamo entrambi. Paragonerei questo modo di produrre ad una scalata, ed era come se la fantasia che questa scalata ci suscitava fosse pronta a trasfigurare la nostra pazzia. É per questo che il teatro come happening si può considerare un thrilling. Una volta capito questo, Terayama non mi poneva limiti o condizioni di sorta su come impostare la scenografia, né voleva che conoscessi gli antefatti, né tanto meno è mai capitato che a lavoro terminato risultasse  insoddisfatto."[16]

Lo stile di Yokoo fu accettato rapidamente, sia dagli intellettuali sia dal pubblico.

 

Naturalmente l’avanguardia è tuttora in evoluzione ed essendo una forma ancora mobile e non rigidamente inquadrabile è soggetta a continui cambiamenti se non addirittura capovolgimenti di stile e tendenza.

Chiari segni di un’ulteriore evoluzione li possiamo vedere nell’opera del gruppo di Suzuki Tadashi, Satoh Makoto e dello stesso Kara Jûrô.

Certamente quando le posizioni estremiste raggiunte dai gruppi d’avanguardia cominciano ad essere accettate e ‘canonizzate’ dalla critica, è segno che la ricerca ha esplorato tutte le valenze possibili e che sia arrivato il momento di cambiare direzione.

Probabilmente il fatto che l’iconografia di Yokoo, così come le opere di Terayama e degli altri gruppi maggiori, vengano studiate e i loro meriti riconosciuti, si può leggere come segno che i tempi siano pronti per un nuovo, radicale cambiamento.


 

CAPITOLO 2 

ELEMENTI BIOGRAFICI E ATTIVITÀ ARTISTICA

 

Figura controversa e multiforme, Terayama Shûji è, per diversi aspetti, un elemento rappresentativo della generazione giapponese del suo tempo, combattuta tra la adesione al patrimonio culturale autoctono e l’attrazione esercitata dalla cultura occidentale, in particolar modo, dalle tendenze provenienti dagli Stati Uniti nel corso dei decenni '50 e '60: tra la tradizione e l’innovazione.

Come egli stesso afferma nel suo saggio "Teorie sul teatro moderno", sebbene, secondo il suo modo di vedere, il teatro somigli di più al circo o allo happening che non al genere tradizionale, la sua formazione ha solide basi classiche nel teatro e kabuki, e nello stile poetico classico per eccellenza: il tanka[17] e lo haiku[18].

Nasce il 10 dicembre 1935[19] ad Hirosaki, nella prefettura di Aomori, all'estremo settentrione dell'isola di Honshû, dove il padre, ufficiale di carriera, era stato di recente trasferito.

L'essere nato e cresciuto in provincia, lontano dalla vita cosmopolita e ricca di fermenti della capitale, lascerà una traccia rilevante nel carattere di Terayama, e, come ebbe modo di ammettere egli stesso nel corso di alcune interviste, gli procurerà un lieve complesso di inferiorità (dovuto anche all’evidente accento dialettale) e un conseguente desiderio di far valere le proprie qualità. Forse sarà proprio questo sentimento di rivalsa, unitamente allo spirito estremamente competitivo inculcato nei giovani giapponesi allo scopo di trovare un posto in una società spiccatamente meritocratica, uno dei motivi che lo spingeranno fin dalla prima adolescenza ad emergere in campo letterario e a farsi promotore di innumerevoli iniziative culturali.

Questo stesso bisogno di affermazione lo muoverà, più tardi, a cimentarsi in campi artistici molto differenti tra loro permettendogli di passare con disinvoltura dalla poesia alla sceneggiatura di drammi radiofonici, dalla regia cinematografica alla saggistica, alla produzione di documentari, al teatro, con un inestinguibile desiderio di spingersi sempre oltre, verso nuovi traguardi, senza adagiarsi sulle vittorie e sui riconoscimenti già conquistati. Altra caratteristica fondamentale della personalità di Terayama è costituita dalla sua innata curiosità, dalla capacità di osservare la realtà sotto svariate chiavi di interpretazione e dall'ironia che gli ha permesso di affrontare i temi resi sacri dal luogo comune e dalla comoda e rassicurante coscienza collettiva per smascherarne la superficialità e l'ipocrisia, mettendone in luce l'aspetto surreale o addirittura grottesco.

 

A soli dieci anni, nel settembre del 1945, rimane orfano di padre, a cui era estremamente affezionato, morto per i postumi delle ferite riportate durante un'incursione aerea.

Terayama resta, così, solo con la madre, Hatsu, che, per poter sopravvivere, è ben presto costretta a lavorare come cuoca presso la base militare USA, ubicata nelle vicinanze della loro abitazione.

Il piccolo Shûji è in questo modo obbligato a trascorre da solo gran parte della giornata, tanto che la solitudine diverrà per lui una compagna costante della infanzia e adolescenza, così profonda da influenzare successivamente tutto il suo modo di pensare e di conseguenza la sua produzione artistica. La solitudine era inoltre accentuata dal difficile rapporto con i compagni di scuola, che lo deridevano e osteggiavano per essere figlio di una 'traditrice', che aveva avuto l'impudenza di lavorare per gli "invasori".

Due anni più tardi viene affidato dalla madre, in partenza per il Kyûshû per motivi di lavoro, ad alcuni parenti, abitanti nella città di Aomori, gestori di un cinematografo.

Probabilmente è proprio questa circostanza che dà la possibilità al giovane Terayama di sviluppare la propria passione per il cinema e in ogni caso, di formarsi un'ampia conoscenza in questo campo, che avrà modo di sfruttare circa un decennio più tardi.

L'attività letteraria di Terayama inizia molto presto, già negli anni della scuola media. Nel 1949 il giornale della sua scuola accetta di pubblicare un suo rac-conto e, successivamente, poesie tanka e haiku.

Nel 1951, all'età di quindici anni, si diploma alla scuola media di Aomori e si iscrive ad un liceo della stessa città, nella sezione di studi classici.

Continua a collaborare con il giornale scolastico; pubblica inoltre una rivista, "La falena azzurra", e collabora con altre due riviste letterarie.

L'anno successivo la sua attività in campo letterario si fa più intensa: organizza con alcuni compagni una conferenza letteraria nel liceo di Aomori e indìce un concorso di haiku, rivolto agli studenti liceali della prefettura.

 Sempre nello stesso anno redige e pubblica la rivista di poesia "La rosa dei pesci" (Gyorui-no bara).

Nel 1954, a diciotto anni, si conquista l'attenzione di Nakamura Kusatao, Saitô Sanki e Yamaguchi Seishi[20], stampando una rivista di haiku per teen-ager, rivolta agli studenti liceali di tutto il Giappone; sempre Yamaguchi Seishi gli fa pubblicare diverse poesie su importanti riviste.

Dopo essersi diplomato al liceo di Aomori, si trasferisce a Tôkyô ed entra alla Università Waseda.

Con le cinquanta pagine di "Il fFestival di Chehofu", scritte sotto l'influsso dei tanka di Nakashiro Fumiko, vince la seconda edizione del premio del "Tanka kenkyû", che segnerà l'inizio di una lunga serie di riconoscimenti che costelleranno tutta la sua carriera.

Nel 1955 viene ricoverato in un ospedale di Shinjuku per una nefrite, che, aggravandosi, lo costringerà ad una degenza lunghissima, della durata di circa tre anni.

La malattia non impedisce comunque a Terayama di proseguire la sua attività letteraria.

Durante la degenza in ospedale conosce un coreano, che lo introduce nel mondo dell'ippica e delle scommesse, comunicandogli una fervente passione per i cavalli. Una volta guarito, Terayama frequenterà abitualmente l'ambiente delle corse, occupandosi di scommesse.

Sull'ambiente delle corse Terayama cura nel corso della sua carriera numerosi documentari, saggi e sceneggiature.

Intorno ai ventidue anni Terayama inizia ad appassionarsi ad un altro sport, la boxe, che costituirà per lui un vero e proprio culto, tale da influenzare la sua produzione cinematografica e teatrale, come avrà modo di dire egli stesso:

"La boxe è il blues del sangue e delle lacrime."[21]

Il passaggio dalla produzione poetica  alla drammaturgia avviene nel 1959, quando inizia la sua esperienza di scrittore di sceneg-giature, componendo, su incoraggiamento di Nakagawa Shuntarô, il primo di una lunga serie di drammi radiofonici, "Nakamura Ichirô", che gli varrà il primo premio al Festival delle trasmissioni nazionali[22].

Il successo riscosso in questa prima esperienza induce Terayama a produrre una nuova sceneggiatura "Blues di un diciannovenne" (Jûkyûsai-no burûsu), da cui verrà tratto un film.

L'anno successivo vince nuovamente il premio del Festival delle trasmissioni nazionali con il suo secondo dramma radiofonico, "Jiono". Nello stesso anno Terayama  manifesta per la prima volta la sua vena trasgressiva e rivoluzionaria con la stesura di un terzo dramma radiofonico, "A caccia di adulti" (Otonagari), che viene giudicato dalla polizia un'istigazione alla violenza e alla sovversione[23].

 Subisce il primo di una lunga serie di interrogatori da parte delle forze dell'ordine. Nasce così un sentimento di sospetto e sfiducia nei suoi confronti da parte delle forze di polizia, che proseguirà durante tutta la sua carriera artistica e che gli procurerà molte difficoltà soprattutto nella messa in scena delle sue opere teatrali.

I problemi legali non arrestano comunque la sua attività. Sempre nel 1960 scrive la sceneggiatura per due film, "Pistole addio" (Kenjû yosaraba) e "Il lago pro-sciugato" (Kawaita mizuumi); in quest'ultimo film è anche attore.

Negli anni immediatamente successivi continua a scrivere sceneggiature e a recitare in diversi film e sceneggiati televisivi. Si cimenta anche nel cinema sperimen-tale con il lungometraggio "Il prigioniero" (Kanshû), su pellicola a 16 millimetri.

Nel 1963, a ventisette anni, si occupa per lo più di trasmissioni televisive, curando documentari, interviste, trasmissioni per la ricerca di persone scomparse, reportage su fatti di sangue. Sposa Kujô Eiko, incontrata sul set del film "Il lago prosciugato".

L'anno successivo vince il Grand Prix Italia con il dramma in versi "La strega dei monti" (Yama uba), e il premio di incoraggiamento al Festival delle Arti per il dramma in versi "Abito da cerimonia" (Tairei fuku).

Nel 1966 riceve di nuovo il premio Grand Prix Italia per la trasmissione televisiva "La cometa Ikeya" (Kometto Ikeya) e il premio per i giornalisti radiotelevisivi al Festival delle arti. Vincerà lo stesso premio l'anno successivo per il dramma epico "Mandala", scritto per la televisione.

Sempre nel 1966 pubblica la prima raccolta di saggi sul mondo dell'ippica, "Incontriamoci all'ippodromo" (Keibajô de aô), (altre due raccolte di saggi sullo stesso argomento saranno pubblicate nel 1971.)

Il 1967 segna una tappa fondamentale nella carriera teatrale di Terayama con la costituzione del laboratorio teatrale del Tenjô Sajiki[24], fondato il primo gennaio, insieme a Yokoo Tadanori, Higashi Yûtaka e Kujô Eiko. Sono di questo anno le quattro prime messe in scena della compagnia: "Il gobbo di Aomori" (Aomori-no semushi otoko), "Il crimine della signorina Debuko Ôyama" (Oo-yama Debuko-no hanzai), "La Marie Vison" (Kegawa-no Marî) e "La Storia degli Hanafuda"[25] (Hanafuda Denki).

Nonostante  la costituzione del laboratorio teatrale, Terayama non interrompe le sue precedenti attività. Nel 1968 scrive la sceneggiatura per il film "Primo amore.  L'inferno." (Hatsukoi·Jigoku-hen). Sempre nel 1968 mette in scena a Tôkyô con il Tenjô Sajiki ben sette spettacoli tra cui "Le mille e una notte di Shinjuku" (Shinjuku-han sen'ichi yoru monogatari), e "Barbablù" (Aohige).

Il 1969 segna il debutto di Terayama in campo internazionale; partecipa infatti con il Tenjô Sajiki agli Experimenta di Francoforte, con gli spettacoli "Inugami"[26] e "La Marie Vison", sperimenta inoltre un confronto internazionale facendo recitare ad attori tedeschi il suo: "L'epoca a cavallo dell'elefante circense" (Jidai-wa sakâsu-no zô-ni notte). Sempre nel '69 viene inaugurata la sede ufficiale del Tenjô Sajiki, situata in un vecchio magazzino di Shibuya, riadattato e adibito a teatro, con stanze per i laboratori, una saletta da tè, e le stanze per i membri della compagnia. L'inaugurazione viene effettuata il 15 marzo con lo spettacolo: "L'epoca a cavallo dell'elefante circense" . In questo stesso anno Terayama divorzia da Kujô Eiko.

Nel 1970 scrive la sceneggiatura per un nuovo film : "Il mascalzone" (Buraikan). Durante questo anno si svolgono anche le prime tournée giapponesi del Tenjô Sajiki, a Nagoya e a Kôbe. Sempre nel 1970 Terayama sperimenta, a Tôkyô, il suo primo spettacolo di strada: "Tôkyô anno zero" (Tôkyô rei nen), a cui seguirà nello stesso anno un nuovo spettacolo ideato per essere rappresentato nelle vie cittadine, con la diretta partecipazione del pubblico: "L'aereo Salomone a propulsione umana" (Jinriki hikôki Saromon). Ripete inoltre l'esperimento, già effettuato l'anno precedente a Francoforte, di far recitare ad attori stranieri una sua opera, con "La Marie Vison" affidata questa volta ad attori statunitensi.

Nel 1971 effettua con il Tenjô Sajiki una nuova tournée europea, portando "Jashûmon" (Gli eretici), in  Olanda, Yugoslavia e Francia. In quest'ultimo paese, tra l'altro, allestisce una messa in scena di "La Storia degli Hanafuda"  affidando la recitazione ad attori francesi, per la regia di Nicolas Bataille.

Nel 1972 effettua nuove tournée all'estero; rappresenta in Germania occidentale l'opera all’aperto "Corri, Melos!" (Merosu hashire), in Olanda "La guerra dell'op-pio" (Ahen sensô) e per finire in Germania occidentale, Danimarca e Olanda "Jashûmon".

Sebbene la prima apparizione internazionale del Tenjô Sajiki sia avvenuta nel 1969 a Francoforte, solo al Festival internazionale di Nancy nel 1973, Terayama e la sua compagnia divengono un vero e proprio fenomeno, pro-ducendo con i loro spettacoli enorme sensazione, sollevando, nel pubblico e nella critica occidentali, commenti anche molto discordi tra loro.

In ogni caso, sarà questa partecipazione al Festival internazionale di Nancy, ad aprire la strada europea al teatro giapponese d'avanguardia.

Nel 1973, oltre alla partecipazione al Festival di Nancy, Terayama effettua un viaggio in Iran, dove rappresenta "Teoria sulla cavità della terra" (Chikyû kûdô setsu); lo stesso anno rappresenta in Polonia e Olanda "Lettera di un cieco." (Môjin shokan).

Nel 1975 rappresenta a Tôkyô lo spettacolo teatrale di strada "Knock" (nokku) della durata di ben trenta ore consecutive. Porta in Tournée in Olanda e in Belgio "Cronaca della diffusione della pestilenza"  (Yakubyô ryûkô ki) che rappresenterà anche in Germania occidentale l'anno successivo.

Nel 1976 chiude la sede del Tenjô Sajiki di Shibuya e si trasferisce ad Asauno[27]. Organizza a Tôkyô il workshop aperto al pubblico: "La legge della gravitazione" (Inryoku no hôsoku). Nel 1977 pubblica il lungometraggio "Boxer".

Nel 1978, a quarantadue anni, scrive la sceneggiatura per il film "Il terzo" (Sa-do). Effettua una nuova tournée rappresentando, nelle principali capitali europee, l'opera che è ritenuta dalla maggior parte dei critici il suo capolavoro: "Nuhikun"[28], rappresentato anche al Festival dei due Mondi di Spoleto l’anno seguente.

Nel 1979 mette in scena "I Lemming - Accompagnati fino alla fine del mondo" (Remingu - sekai-no hate made tsuretette).

Nel 1980 effettua un viaggio negli Stati Uniti, portando in tournée "Nuhikun".

Nel 1981 rappresenta a Tôkyô "Cent'Anni di solitudine" (Hyakunen no kodoku), tratto dal romanzo di Gabriel Garcia Marquez.

Nel 1982 effettua l'ultima tournée all'estero rappresentando a Parigi "Nuhikun"

L'ultima sceneggiatura: "La lettera dell'amico Sagawa" (Sagawakun-kara-no tegami), tratta da un romanzo di Kara Jûrô, la scrive nel 1983, pochi mesi prima della sua scomparsa avvenuta all'età di quarantasette anni, il 5 maggio 1983, per via delle complicazioni insorte in seguito ad una cirrosi epatica.

La scomparsa di Terayama rappresenta un duro colpo per la compagnia del Tenjô Sajiki, che, dopo la morte del maestro subisce una grave crisi di identità. Dopo aver allestito la rappresentazione di "Remingu kabenuke otoko" in commemorazione di Terayama a Yokohama e ad Ôsaka, il gruppo si scioglie, il 31 luglio del 1983.

 

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[1]Periodo di tempo che va dal 1868 al 1912.

[2]da: Takada Kazufumi - "La nascita del teatro Shingeki un aspetto della modernizzazione della cultura giapponese" in :"Il Giappone",

vol. XXXI [1991], Roma, 1993

[3]Corrente attiva in Giappone dallultimo decennio Meiji fino allera Taishô (1912-1926).

[4]Espressioni artistiche divenute ormai molto formali e stilizzate, consistenti di una simbologia estremamente complessa e cristallizzata.

[5]Letteralmente: Nuova scuola.

[6]Stilizzazione dovuta tra l’altro, come afferma Paul Arnauld, a costrizioni di origine legislativa:

"Longtemps les Shôgouns avaient banni du théâtre toute allusion directe all’histoire contemporaine." (P. Arnauld Le Théâtre Japonais d’aujourd’hui, La Renaissance du livre, Bruxelles, 1974.)

Una volta eliminata questa restrizione la vita quotidiana poteva finalmente entrare a far parte dei soggetti rappresentati.

[7]Takada Kazufumi in: Il Giappone vol. XXXI.

[8]Nel teatro classico giapponese era tassativamente vietato alle donnine di recitare, anche i ruoli femminili venivano interpretati da attori uomini specializzati nella recitazione di personaggi muliebri; nel Kabuki questo genere di attore viene detto Onnagata.

[9]Letteralmente Teatro nuovo.

[10](1859-1935)Scrittore aderente alla corrente del Realismo ottocentesco autore del famoso saggio intitolato "Shôsetsu shinzui" (Lessenza del romanzo) che rappresenta la sua teoria nei riguardi del Realismo. Tsubouchi è stato inoltre uno studioso della letteratura e del teatro europei ed in particolar modo di Shakespeare di cui curò la traduzione completa delle opere teatrali. Fu inoltre uno dei pionieri del teatro moderno giapponese, con la fondazione del Bungei Kyôkai (Associazione delle arti letterarie), compagnia teatrale che si proponeva in primo luogo di mettere in scena le opere di Shakespeare con lo stile più fedele possibile al testo. Egli credeva in maniera fervente nel teatro e cercava di trovare una formula che potesse dare nuova luce a questa arte. Pur di mettere su la sua compagnia, un teatro e una scuola di recitazione fu pronto a tutto, non si risparmiò imponenti sacrifici finanziari arrivando a vendere la maggior parte delle sue proprietà fondiarie. Tsubouchi nell'ambito della sua attività teatrale non si limitò a rappresentare opere shakespeariane o comunque di altri autori occidentali: mise in scena anche opere scritte di suo pugno in lingua giapponese, anch'esse tuttavia aderenti alla drammaturgia del realismo di stampo occidentale. Lo scopo finale che Tsubouchi si proponeva era quello di dare vita ad un "vero teatro moderno giapponese seguendo i criteri del teatro occidentale.

[11]Per onore di cronaca va tenuto presente che P. Lorenzoni in "Storia del teatro giapponese" afferma: "Lo Tsukiji Shôgekijô, fondato da Osanai, passò successivamente ai partiti di sinistra (dove venne diretto da Hijikata Yoshi), insieme a due discepoli di Sadanji, Genemon Nakamura e Chojuro Kawarazaki, i quali costituirono su solide basi con altri attori il famoso Zenshinza, o 'Teatro d'avanguardia'. Questo si proponeva di reagire alle forme classiche del kabuki, adattandole alle nuove esigenze spirituali del popolo."

 In ogni caso, va tenuto presente che, dal materiale a nostra disposizione, non è possibile decifrare se lo Tsukiji Shôgekijô, fosse un teatro in cui vari gruppi rappresentassero un determinato tipo di spettacoli o se invece non esistesse una compagnia legata a questo teatro che ne riportasse anche il nome.

[12]Scrittore e autore teatrale (1924-1993). Le sue opere riflettono lalienazione e lincapacità di integrazione delluomo moderno nella società. Lisolamento dovuto allincapacità di riconoscersi in un gruppo. La solitudine profonda delluomo nelle grandi città.

Fin dai primi racconti rifiuta le tecniche del realismo propugnate troppo spesso dalla critica come la forma più opportuna per il romanzo moderno.

[13]Betsuyaku Minoru (1937 - ) è stato il primo, tra i drammaturghi maggiori, ad emergere nel contesto del nuovo teatro degli anni '60. A tutt'oggi egli rimane uno scrittore prolifico e una presenza significativa nel panorama della produzione teatrale d'avanguardia. A differenza di altri autori teatrali del periodo, tra cui Terayama, egli si è dedicato al teatro limitandosi esclusivamente a scrivere dei testi, senza partecipare attivamente all'allestimento e alla messa in scena. Pertanto egli non è molto favorevole ad un tipo di teatro in cui il linguaggio, così come la figura del commediografo, rivestano un ruolo del tutto marginale. Le sue opere si possono definire "drammi dell'assurdo", per via delle tecniche usate, e hanno profonde radici nelle tradizioni e nella cultura giapponesi. Sono scritte nella lingua di uso quotidiano, eppure, al tempo stesso sono caratterizzate da un linguaggio molto raffinato e conciso. Esse sono definite da Senda Akihiko come "profondamente Metafisiche". Oltre alle opere teatrali Betsuyaku ha scritto anche sceneggiature per lo schermo e diverse opere per bambini. Si interessa tra l'altro anche  di arte occidentale, di cui è un fine conoscitore.

[14]I motivi per cui i critici giapponesi vedono nel periodo Taishô e nella prima epoca Shôwa un'era idilliaca si possono ricondurre a due filoni principali, connessi tra loro: da una parte sta l'euforia seguita all'apporto di una grande serie di nozioni tecnologiche da parte dell'occidente, le quali vennero assorbite e messe in pratica con abilità, trasformando in brevissimo tempo la nazione e lo stile di vita dei cittadini. L'ottimismo generato dalle innovazioni e dal 'progresso' contribuì a creare un sentimento positivista, secondo il quale il Giappone era destinato a divenire una potenza sempre più grande, fatto dimostrato dalle espansioni militari, come ad esempio avvenne in Corea e Manciuria. Dall'altra parte stava il sentimento molto saldo, da parte del popolo giapponese, della propria identità e peculiarità culturale, che permetteva ai giapponesi di assorbire elementi di culture estranee giustapponendole e non sostituendole a quella autoctona. La pesante sconfitta subita nella seconda Guerra Mondiale  ha privato questo popolo della propria identità e ha polverizzato la chimera positivista del Giappone invincibile, in eterno progresso. Proprio questo stato di perdita dei valori e della coscienza nazionale portò a guardare all'epoca precedente  come a un giardino felice, ormai perduto.

[15]da "Teatro contemporaneo" - diretto da M. Verdone, Roma, 1986.

[16]Yokoo Tadanori: Yûjô-no chôten-ni Tenjô Sajiki-ga umareta. Tayô, n.363, settembre 1991.

[17] Detta anche mijika uta, letteralmente 'poesia corta', per distinguerla dalla chôka, 'poesia lunga'. Unitamente alla chôka, costituisce il genere principale della poesia in lingua giapponese.

Dall'VIII sec. d.C. in poi diverrà sinonimo della waka 'poesia giapponese', nome che viene attribuito a questo genere per distinguerlo da quello del kanshi, poesia in lingua cinese.

E' composta di cinque versi, consistenti in un totale di 31 sillabe. (metro: 5-7-5-7-7)

[18]Forma poetica, derivante dallo haikai-renga poesia a catena, nata nel primo periodo Tokugawa (1600-1868) con il nome di haikai e solo successivamente definita haiku. E' la forma più breve della poesia giapponese con i suoi tre versi di 5, 7, 5 sillabe.

Il massimo rappresentante dello haikai classico fu Matsuo Bashô (1644-94).

Mentre il renga scomparve dopo la restaurazione Meiji (1868), lo haiku continuò a prosperare e si è mantenuto ineguagliato veicolo del lirismo giapponese fino ai nostri giorni.

[19]All'anagrafe risulta registrato solo il 10 gennaio dell'anno successivo per via di una serie di contrattempi.

[20]Poeti e letterati famosi in tutto il Giappone.

[21] Da "Il Tenjô Sajiki è nato al culmine dell'amicizia" intervista a Yokoo Tadanori in Tayô - settembre 1991.

[22]Minhôsai.

[23] Terayama stesso si considerava "High on the list of dangerous thinkers in Japan." (Joan Mellen Voices from the Japanese cinema,  Liveright, New York, 1973 p.275).

[24] La piccionaia.

[25] Carte da gioco giapponesi su cui sono impresse figure floreali.

[26](Letteralmente divinità cane.) Spiritello con le forme di un piccolo animale, capace di rendersi invisibile che, secondo la superstizione popolare, apporta disgrazie a chi lo incontri.

[27] Altra lettura: Mafu.

[28]Questo termine è stato tradotto in inglese come Directions to Servants, facendo riferimento allomonima opera di J. Swift.

In realtà il vocabolo giapponese è un neologismo composto da tre ideogrammi con letture distinte uniti a formare una parola da Terayama: nu = servo; hi = serva e kun = insegnamento, precetto.