UNIVERSITÀ
DEGLI STUDI "LA SAPIENZA"
FACOLTÀ
DI LETTERE
CORSO DI LAUREA IN LINGUE
E LETTERATURE STRANIERE MODERNE
DIPARTIMENTO
DI STUDI ORIENTALI
Anno Accademico
1993-94
LETTERATURA E TEATRO
NELL'AVANGUARDIA GIAPPONESE: TERAYAMA SHÛJI
LAUREANDA: ALESSANDRA
PAGANELLI matr. 10077445
RELATORE: CORRELATORE:
Chiar.ma Dott.ssa Chiar.ma Prof.ssa
M. GIOIA OTTAVIANI M. TERESA ORSI
ROMA
LE ORIGINI DEL TEATRO
GIAPPONESE MODERNO
Prima di
addentrarci nell'esame specifico del teatro di Terayama Shûji, è opportuno dare
uno sguardo preliminare agli antefatti culturali e artistici da cui il teatro
giapponese d’avanguardia, di cui Terayama è stato una figura rilevante, ha
preso le mosse. Il processo di sviluppo, che portò al passaggio dal teatro
cosiddetto 'moderno' all'avanguardia, denota una netta frattura con il passato
e un deciso rifiuto delle tradizioni precedenti, fino a raggiungere posizioni
diametralmente opposte rispetto alle forme da cui i gruppi del teatro di underground avevano preso le distanze.
La nascita del
teatro giapponese cosiddetto 'moderno'
risale al periodo Meiji[1]. In questa epoca l’attributo 'moderno',
come osserva Takada Kazufumi, possedeva un significato molto preciso e
particolare:
"Non è
del tutto semplice definire il concetto di 'moderno' in termini generali. Ma
per i giapponesi della era Meiji, il termine moderno aveva una denotazione abbastanza chiara e concreta: esso
era il sinonimo di 'occidentale' o 'europeo', e con questi termini ci si
riferiva evidentemente all’occidente o all’Europa dell’Ottocento. Il concetto
di moderno si identificava, quindi,
con il modello culturale ottocentesco europeo esemplificato dal razionalismo
scientifico nel campo filosofico e dal realismo e poi dal naturalismo in campo
letterario"[2].
Sarà proprio dall’influenza che la
corrente del Realismo e, successivamente, la corrente del Naturalismo[3] eserciteranno su parte degli autori di
fine secolo che scaturirà una forma teatrale rivoluzionaria rispetto ai canoni
classici del nô e del kabuki[4]. Questa forma sovvertirà le regole su cui
si era fondato fino a quel momento il teatro giapponese.
E’ interessante rilevare che secondo
Takada Kazufumi lo sviluppo del teatro
in epoca Meiji è un esempio tangibile del processo di modernizzazione della
società giapponese. Modernizzazione che è avvenuta per il Giappone in maniera
forzata, del tutto repentina e innaturale, provocando un impatto sociale molto
grave. Il teatro, nella sua qualità di specchio della società che lo ha
prodotto, rappresenta una delle forme artistiche e letterarie in cui questo
impatto si può riscontrare in maniera più evidente.
In ogni caso, nonostante un avvio tanto
brusco, l’evoluzione della avanguardia teatrale giapponese, al contrario di
quanto è avvenuto in altri paesi, sarà un fenomeno lineare, in grado di fornire
un’immagine molto chiara delle varie tappe.
Negli ultimi anni del XIX secolo, le
correnti di pensiero provenienti dall’Europa portarono alla nascita del genere
teatrale dello Shinpa[5], forma di stampo realistico, sorta in
netto contrasto con il processo di forte stilizzazione del teatro Kabuki[6].
I primi tentativi di cambiamento del
teatro giapponese, avvennero proprio nell’ambito del Kabuki, grazie all’opera
dell'autore-attore Kawakami Otojirô (1864-1911), il quale, con l’auto della sua
compagna Sadayakko e del "Gruppo per
la Riforma del Teatro" (Seigeki
Undô), tentò una modernizzazione dei temi e delle tecniche teatrali, sotto
l’influsso delle correnti letterarie europee. Kawakami scrisse, tra l’altro,
dei riadattamenti in chiave kabuki di
opere di Shakespeare, Ibsen, Maeterlinck.
Si andarono ben presto delineando due
nuovi stili:
- il Katsureki-geki,
ossia un tipo di dramma con argomento storico giapponese, steso con il
proposito di applicare i canoni realistici propri del teatro occidentale,
conciliandoli con la fedeltà storica, ma che in realtà si rivelò un fallimento
dal punto di vista del pubblico, essendo tanto approfondito nei particolari
storici da risultare incomprensibile agli spettatori comuni;
- lo Zangiri-kyôgen,
genere che si proponeva di avere
come argomento i costumi e i fenomeni sociali della nuova epoca. Questo ultimo
genere in realtà era quasi totalmente identico al precedente teatro kabuki, con la superficiale aggiunta di
elementi caratteristici della nuova realtà, come l’uso del gas, le banche, la
luce elettrica, il servizio postale e così via.
In ogni caso anche la riforma del teatro
si svolse sotto il controllo del governo, nell’ambito del programma di
modernizzazione che avrebbe dovuto toccare ogni aspetto del sistema sociale.
Lo Shinpa
nacque perciò:
"Come
mezzo di propaganda politica del cosiddetto ‘Movimento per la libertà ed i
diritti civili’."[7]
Questo nuovo
genere - qualunque siano state le premesse alla sua nascita, fu comunque molto
importante per la modernizzazione del teatro giapponese, sia per l’opera di divulgazione di scritti teatrali europei,
sia per aver permesso finalmente alle donne di recitare[8].
Caratteristica
particolare dello Shinpa fu quella di
unire il genere tradizionale e le opere teatrali occidentali, creando una
fusione bizzarra tra stile estetico tradizionale e testi occidentali. Compiendo
un esame di questi ultimi si deduce che gli uomini di teatro giapponese non si
limitavano ad una semplice traduzione; compivano piuttosto una rielaborazione
dei loro contenuti sulla base del gusto e della cultura giapponese.
Questo nuovo genere ottenne un
notevole successo di pubblico; il livello qualitativo delle produzioni,
al contrario, non fu in genere molto
alto: a parte Shakespeare, quasi tutti gli autori a cui lo Shinpa attinse appartenevano al teatro borghese ottocentesco, e
venivano trattati spesso in maniera piuttosto superficiale.
Proprio queste caratteristiche spinsero
gli uomini di teatro della generazione successiva a cercare di portare in scena
le opere occidentali attenendosi ai contenuti originali, e soprattutto a curare
l’aspetto letterario, scegliendo tra le opere di maggior rilevo e valore, e
prestando una particolare cura alla fedeltà della traduzione.
Sono questi i presupposti che portarono,
verso la fine dell’era Meiji, alla nascita del vero teatro giapponese moderno,
lo Shingeki[9].
Inizialmente, anche nel caso di questo
nuovo genere, il repertorio comprendeva solo
opere teatrali occidentali.
Le iniziative più
interessanti nate nel primissimo periodo dello Shingeki sono la creazione nel 1906 del Bungei Kyôkai (associazione delle arti letterarie) e, nel
1909, del Jiyû Gekijô (teatro
libero). Il fondatore della Bungei Kyôkai, Tsubouchi Shôyô[10], sentiva l'esigenza di imprimere una
svolta al teatro giapponese moderno; per ottenere un cambiamento che risultasse
radicale e duraturo si propose estirpare il teatro precedente fin dalle radici,
preoccupandosi di formare una nuova generazione di attori che, studiando
recitazione sotto la sua direzione, sulla base di teorie "moderne"
(ossia derivanti dalla cultura straniera), risultasse libera dalle tradizioni
sceniche e dai condizionamenti interpretativi del passato. A questo scopo fondò una scuola di recitazione ed
evitò di ingaggiare attori che provenissero dal teatro tradizionale, sia kabuki, sia Shinpa, per assicurarsi di poter operare su materiale ancora da
plasmare. Tsubouchi ebbe successo nel suo tentativo di compiere una totale
cancellazione delle tradizioni giapponesi soppiantandole con altre proprie
della cultura occidentale, gli attori che uscirono dalla sua scuola infatti,
possedevano una tecnica di recitazione del tutto differente da quella
tradizionale. Essi continuarono la loro attività anche dopo lo scioglimento del
Bungei Kyôkai, in seguito a problemi
tra i vari membri del gruppo, diffondendo le tecniche acquisite sotto la
direzione di Tsubouchi, ponendo così le basi
per lo sviluppo dello Shingeki
nel periodo successivo. Quanto al Jiyû
Gekijô, esso fondato da due giovani, Osanai Kaoru e Ichikawa Sadanji. Il
primo proveniva da una deludente esperienza come regista nello Shinpa, genere ormai logoro; era
pertanto desideroso di trovare una nuova via che risollevasse le precarie sorti
del teatro giapponese moderno; il suo tentativo non si limitò ad una ricerca di
nuove risorse in patria. Nel 1912 infatti, tre anni dopo la fondazione del Jiyû Gekijô, effettuò un viaggio di
studio in Europa; visitò tra l'altro l'Inghilterra e la Russia, dove ebbe modo
di assistere ad alcuni allestimenti del Teatro d'Arte di Mosca curati da
Stanislavskij; l'altro membro fondatore del Jiyû
Gekijô, Ichikawa Sadanji, proveniva da una famiglia di attori del teatro
Kabuki, ma, anche in seguito ad un viaggio in Europa, era desideroso di trovare
nuove forme per il teatro giapponese. Essendo tutti i suoi componenti attori
Kabuki, il Jiyû Gekijô era composto
di soli uomini.
Il Jiyû
Gekijô rappresento molti spettacoli di autori occidentali da Ibsen, a
Cechov, a Gorkij, a Maeterlink. Nel caso della messa in scena di Borgman di
Ibsen, allestito sotto forma di spettacolo Kabuki, Osanai riscosse un enorme
successo e ottenne l'approvazione di molti intellettuali per la sua regia
moderna ed innovativa e soprattutto per l'originalità del nuovo spettacolo.
Nonostante i successi ottenuti, il Jiyû Gekijô fu costretto a chiudere nel
1919 in seguito a gravi difficoltà finanziarie.
L’affermazione completa dello Shingeki avvenne nel 1924 con la
fondazione del gruppo, facente capo allo Tsukiji
Shôgekijô (il Piccolo Teatro di Tsukiji) capeggiato,
stando a quanto afferma P. Arnauld, da Osanai Kaoru[11]. La grande innovazione apportata da questa
compagnia fu quella di interessarsi non solo del teatro occidentale realistico
e naturalistico ma anche del teatro d’avanguardia europeo, simbolistico ed
espressionistico. La vita di questo teatro fu purtroppo molto breve: dopo la
morte di Osanai, nel 1928, lo Tsukiji
Shôgekijô fu costretto a chiudere.
Nel 1930 fu fondato lo Shin Tsukiji Shôgekijô (Nuovo Tsukiji), fondato da Osanai Kaoru,diretto da
Hijikata
Yoshi, un seguace di Osanai. Stando
a quanto afferma Lorenzoni nella sua 'Storia del teatro giapponese' - Hijikata,
al ritorno in Giappone dal suo soggiorno di studi presso il Teatro d'Arte
di Mosca durato sei anni, entrò nel
movimento proletario, facendo molti proseliti tra i suoi colleghi. Lo Shin Tsukiji Shôgekijô si proponeva
dunque scopi politici.
Iniziarono ben presto a proliferare tutta
una serie di compagnie teatrali, definite come "Teatro Proletario", le quali possedevano l’obiettivo comune di
esaltare i propri ideali rivoluzionari.
A partire dal 1933 il governo accentuò l’oppressione sempre esistita nei
confronti di questi gruppi. Alcuni attori vennero arrestati mentre altri furono
costretti a riparare all’estero. L’unico gruppo che fu libero di proseguire la
propria attività in questi anni fu il Bungaku-za,
fondato nel 1938 e politicamente neutrale. In seguito il Bungaku-za sarebbe
divenuto nel dopoguerra uno dei principali gruppi teatrali,;
posizione che ha mantenuto fino ai nostri giorni.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale
il realismo, che era statao la
caratteristica portante dello Shingeki,
andò degenerando in pura tecnica, perdendo via via tutti i contenuti. Lo Shingeki si andò trasformando così in
uno stile vuoto e cristallizzato.
Lo Shingeki è una forma tuttora esistente
nell'ambito del teatro giapponese, anche se, fatte le debite eccezioni, come
nel caso di personaggi della caratura di Kinoshita Junji, le sue
caratteristiche sono ormai piuttosto standardizzate.
Nel capitolo introduttivo abbiamo avuto
modo di vedere, in linee generali, i fermenti riguardanti il teatro che si
erano andati sviluppando nel Giappone di inizio secolo ed in particolare la
nascita dei generi dello Shinpa e
successivamente dello Shingeki .
In campo teatrale l'ulteriore innovazione
sorse e si consolidò, nel Giappone del dopoguerra, in opposizione allo Shingeki, genere che, come abbiamo
visto, si era andato trasformando in una forma piuttosto cristallizzata, povera
di contenuti profondi.
Donald Richie dichiara che a fare da
cerniera tra lo Shingeki e il teatro
d’avanguardia sta l’opera di un gruppo di autori, primi fra tutti Abe Kôbô[12] e Betsuyaku Minoru[13], le cui opere vertono su temi giapponesi
pur affidandosi ancora alle forme proprie del teatro sperimentale occidentale.
Questo tipo di teatro più che avanguardia si può considerare una evoluzione
estrema dello Shingeki.
Sebbene il nuovo teatro, sorto intorno
agli anni '70, non presenti un'uniformità tra i vari esponenti, e non sia
possibile racchiuderlo sotto una denominazione particolare, esso viene generalcomplessivamente
identificato con l’appellativo generico di “avanguardia”,
conferito senza distinzioni a tutti i gruppi aventi in comune l'obiettivo della
ricerca di un nuovo modo di fare teatro.
Tenendo presente che mai come nel caso
dell'avanguardia teatrale giapponese sia difficile e rischioso generalizzare
cerchiamo di tracciare un quadro delle caratteristiche comuni ai vari esponenti
di questo movimento.
Probabilmente questa esigenza è scaturita
in risposta alla degenerazione endogena dello Shingeki, quasi completamente ispirato alla cultura occidentale, e
non di meno al bisogno di ritrovare un’identità nazionale dopo i durissimi
colpi subiti dal Giappone nel periodo bellico.
A tutt’oggi il teatro d’avanguardia
giapponese non presenta infatti una forma caratteristica, né si può racchiudere
in una denominazione particolare.
E’ costituito da gruppi distinti che
comunque, pur nella differenza delle forme, hanno in comune gli scopi e i
risultati. Uno degli aspetti comuni a quasi tutti i gruppi d’avanguardia è
costituito dal concetto di anarchia che spesso rappresenta uno degli scopi del
loro teatro. Altro elemento comune a molti dei gruppi teatrali d’avanguardia in
Giappone è costituito dalla cura, spesso eccessiva, nei confronti
dell'immediato passato. Va notato che questi gruppi, nell'arco della storia del
Giappone, scelsero molto spesso di ambientare i loro spettacoli nello spazio di
uno sparuto momento, risalente all’epoca immediatamente precedente la nascita
degli autori stessi, vale a dire la fine dell’era Taishô e il primo periodo Shôwa,
visti come una mitica età dell’oro e dell’innocenza, un’epoca idilliaca a cui
attingere per decorare la sbiadita e scialba età postbellica[14].
La prima grande figura dell’avanguardia
teatrale sorta in Giappone nel dopoguerra fu senz’altro Hijikata Tatsumi, il
cui teatro, l'Asbestokan, si può
considerare la culla del movimento teatrale d’avanguardia giapponese, nel decennio tra il 1950 e il '60.
Stando a quanto afferma Donald Richie, il
teatro di Hijikata risente in piccola parte dell’influenza dello Yose:
"L'influenza
teatrale su Hijikata, se un'influenza ci fu, fu il teatro Yose, la rivista di
varietà, ovvero le grossolane e volgari rappresentazioni del Giappone
prebellico. Questo ambiente è ancora in mostra perché è ancora parte del
movimento d'avanguardia. Lo si può vedere nelle produzioni di Hijikata, in
quelle del suo, allievo Ashikawa Yôko, e in coloro che da lui si staccarono,
come il Gruppo Dairakudakan."[15]
Il gruppo di Hijikata,,
attivo dagli anni ‘50 fino agli inizi del decennio successivo, fu il primo a
portare sulle scene giapponesi spettacoli con caratteristiche innovative.
Sebbene i suoi spettacoli venissero presentati come ‘danza’, si trattava
piuttosto di azioni mute. Le caratteristiche peculiari di questo genere di
rappresentazioni consistevano nella durata, nelle giustapposizioni
sensazionali, nell’apparente irrazionalità, e nella ricerca della noia intesa
come elemento drammatico. Un’altra caratteristica che diede una svolta
particolare al teatro di Hijikata è da rintracciarsi nella sua qualità di
‘teatro della povertà’, appellativo dovuto alla estrema sobrietà e stringatezza
delle scene e dei costumi, fabbricati con materiali poveri e quotidiani.
Gli allestimenti di Hijikata offrivano un
quadro apocalittico che, unitamente all’idea generale di fine del mondo,
assumeva piuttosto il significato particolare di fine del Giappone.
Un
nuovo fondamentale evento verificatosi nell'ambito dell'avanguardia giapponese,
risale alla fine degli anni ‘60, quando Terayama Shûji fondò il laboratorio
teatrale del Tenjô Sajiki.
La sua compagnia divenne, nei primi anni
‘70, il gruppo d’avanguardia più importante del Giappone. Nel panorama del
teatro giapponese di underground"underground",
Terayama e il suo gruppo figurano come una sezione a sé, indipendente, per
quanto riguarda le forme e i contenuti dal resto dell'avanguardia teatrale
giapponese contemporanea. Gli unici elementi che Terayama conserva in comune
con gli altri gruppi di underground sono icostituiti dal
background culturale e soprattutto sociale - con particolare riferimento ai
fermenti di protesta giovanile sorti in Giappone intorno agli anni '60 - e
l'uso di 'spettacoli di strada'. Per quanto riguarda i modi con cui il Tenjô
Sajiki raggiungerà i suoi intenti di rivendicazione e
protesta sociale e le caratteristiche specifiche degli spettacoli che Terayama
ha saputo ideare, essi sono originali, e non è possibile di
accomunare il Tenjô Sajiki ad altri gruppi sorti in Giappone nel dopoguerra.
Studiando i suoi scritti per il teatro e le sue teorie sul teatro contemporaneo
si ha l'impressione che Terayama abbia saputo rielaborare in maniera del tutto
originale le idee e le tendenze teatrali contemporanee giapponesi ed europee,
fondendole alla tradizione nel tentativo di ottenere una miscela che fungesse
da detonatore per scardinare i preconcetti e le trite e cristallizzate
convenzioni sociali. Per quanto riguarda i possibili aspetti comuni tra
Terayama ed altri esponenti dell'avanguardia giapponese, Donald Richie vede
qualcosa in comune tra il mondo raffigurato all'interno delle opere di Terayama
e il mondo di Hijikata Tatsumi, con particolare riferimento alla
caratteristica, frequente nelle opere teatrali
di Terayama, di richiamare alla memoria epoca Taishô e il primo periodo
dell’epoca Shôwa. Allo scopo di far riflettere gli spettatori egli riesuma un
mondo controverso e contraddittorio, risalente al periodo Meiji, che unisce il
patetico tentativo di imitazione della vistosa eleganza occidentale ai miseri
resti del passato giapponese.
Le storie raccontate da Terayama sono
spesso volutamente melodrammatiche,
deliberatamente infantili e intenzionalmente comiche; egli invita lo
spettatore a guardare il proprio teatro spassionatamente, con ironia, e spesso
dai suoi allestimenti scaturisce una sensazione di anarchia priva comunque di
qualsiasi connotazione politica.
Il tema dell’anarchia, come abbiamo visto,
costituisce uno dei fili conduttori tra i vari gruppi d’avanguardia.
La compagnia che maggiormente si è
distinta per anarchia ed estremismo è probabilmente il Gruppo Zero Jikken di Katô Yoshihiro, formato da giovani attori e
attrici che eseguono rappresentazioni occasionali e quasi esclusivamente
spontanee. Questi uomini recitano molto spesso quasi completamente nudi (cosa
piuttosto rara in Giappone), le loro rappresentazioni consistono in danze
orgiastiche che implicano elementi sadomasochistici. Lo scopo di tali
rappresentazioni è quello di richiamare alla mente un Giappone primitivo e
incontaminato, rendendo evidente al tempo stesso la condizione attuale di
"deserto metropolitano".
Un altro importante esponente del genere d’'avanguardia
giapponese è il gruppo del Jôkyô Gekijô, capeggiato
da Kara Jûrô (1940 - ), anch’esso si
ispira allo Yose e al melodramma popolare del primo periodo Shôwa, così come ai
giornali a fumetti, al Kabuki di provincia, ai vecchi film privi di valore,: a
tutto quanto possa dare l’idea di provinciale e démodé.
Il suo teatro è privo delle implicazioni
narcisistiche proprie del teatro di Terayama, nasconde piuttosto, dietro i
dialoghi scherzosi e la scenografia spesso oltraggiosa, degli intenti
velatamente politici, procurandosi in questo modo la simpatia e l'appoggio dei
dissidenti.
Come abbiamo avuto modo di vedere dando
una rapida scorsa ai principali gruppi che animarono e animano tuttora il
teatro "underground" in Giappone, le direzioni e gli stili intrapresi
variano di molto a seconda del gruppo preso in esame; se si volesse comunque
rintracciare l’elemento che dà unità ai vari stili, potremmo dire che consiste
proprio nella ‘ricerca’, obiettivo primario per ogni esponente, e nell’essere
comunque ‘anti-arte’.
Donald Richie ha individuato nell’opera
grafica di Yokoo Tadanori uno degli elementi che conferiscono una comunanza di
fondo alla maggior parte di questi gruppi.
Egli afferma che la produzione di Yokoo
ebbe enorme influenza sull’avanguardia teatrale giapponese ed in particolar
modo sull’opera di due tra i suoi maggiori esponenti: Terayama Shûji e Kara
Jûrô.
L’iconografia usata da Yokoo nelle sue
prime opere grafiche e illustrazioni è permeata da un evidente cattivo gusto,
si tratta di un linguaggio iconografico che mai fino ad allora
l’"arte" aveva usato in Giappone. Questo elemento rispecchia la
volontà di Yokoo di scuotere e far riflettere lo spettatore.
I suoi bozzetti e le sue illustrazioni
sono caratterizzati dall’uso di colori vivaci, dal frequente ricorso ad
emozioni quali la gioia, rappresentata facendo ricorso all’ilarità e il dolore,
rappresentato tramite il pianto; dalla tecnica del collage e dall’impiego di
immagini caratteristiche dell’arte popolare di fine epoca Meiji e di epoca
Taishô tipiche delle illustrazioni dei giornali ed in particolar modo della
pubblicità.
Il tutto mirato a creare un’atmosfera
infantile dall’apparenza ingenua e innocente.
La produzione di Terayama riflette per
diversi aspetti quest’influenza. Ecco come Yokoo, nel corso di un’intervista,
definisce il suo rapporto con Terayama:
"Terayama
mi spiegava lo spettacolo, ma un tipo di teatro quale era il suo non aveva
assolutamente una storia, una trama. Il mio compito era quello di realizzare
immediatamente una scenografia, e le nostre due arti, pur procedendo separate,
alla fine coincidevano. Poteva accadere che Terayama vedendo un palco allestito
da me pensasse al momento cosa recitarci e solo a quel punto si accingesse a
scrivere i dialoghi. In questo senso posso dire che, più che essere la
scenografia subordinata al testo, dai due elementi combinati scaturisse
un’energia che andava a colpire lo spettatore. [...] Terayama riteneva di aver
prodotto un’utilizzazione della mia produzione. Voglio dire che la mia
scenografia in quanto tale funzionava da stimolo per la sua fantasia e in
questo modo progredivamo entrambi. Paragonerei questo modo di produrre ad una
scalata, ed era come se la fantasia che questa scalata ci suscitava fosse
pronta a trasfigurare la nostra pazzia. É per questo che il teatro come happening si può considerare un
thrilling. Una volta capito questo, Terayama non mi poneva limiti o condizioni
di sorta su come impostare la scenografia, né voleva che conoscessi gli
antefatti, né tanto meno è mai capitato che a lavoro terminato risultasse insoddisfatto."[16]
Lo stile di Yokoo fu accettato
rapidamente, sia dagli intellettuali sia dal pubblico.
Naturalmente l’avanguardia è tuttora in
evoluzione ed essendo una forma ancora mobile e non rigidamente inquadrabile è
soggetta a continui cambiamenti se non addirittura capovolgimenti di stile e
tendenza.
Chiari segni di un’ulteriore evoluzione li
possiamo vedere nell’opera del gruppo di Suzuki Tadashi, Satoh Makoto e dello
stesso Kara Jûrô.
Certamente quando le posizioni estremiste
raggiunte dai gruppi d’avanguardia cominciano ad essere accettate e
‘canonizzate’ dalla critica, è segno che la ricerca ha esplorato tutte le
valenze possibili e che sia arrivato il momento di cambiare direzione.
Probabilmente il fatto che l’iconografia
di Yokoo, così come le opere di Terayama e degli altri gruppi maggiori, vengano
studiate e i loro meriti riconosciuti, si può leggere come segno che i tempi
siano pronti per un nuovo, radicale cambiamento.
Figura controversa e multiforme, Terayama
Shûji è, per diversi aspetti, un elemento rappresentativo della generazione
giapponese del suo tempo, combattuta tra la adesione al patrimonio culturale
autoctono e l’attrazione esercitata dalla cultura occidentale, in particolar
modo, dalle tendenze provenienti dagli Stati Uniti nel corso dei decenni '50 e
'60: tra la tradizione e l’innovazione.
Come egli stesso afferma nel suo saggio "Teorie sul teatro moderno",
sebbene, secondo il suo modo di vedere, il teatro somigli di più al circo o
allo happening che non al genere
tradizionale, la sua formazione ha solide basi classiche nel teatro nô e kabuki,
e nello stile poetico classico per eccellenza: il tanka[17] e lo haiku[18].
Nasce il 10 dicembre 1935[19] ad Hirosaki, nella prefettura di Aomori,
all'estremo settentrione dell'isola di Honshû, dove il padre, ufficiale di
carriera, era stato di recente trasferito.
L'essere nato e cresciuto in provincia,
lontano dalla vita cosmopolita e ricca di fermenti della capitale, lascerà una
traccia rilevante nel carattere di Terayama, e, come ebbe modo di ammettere
egli stesso nel corso di alcune interviste, gli procurerà un lieve complesso di
inferiorità (dovuto anche all’evidente accento dialettale) e un conseguente
desiderio di far valere le proprie qualità. Forse sarà proprio questo
sentimento di rivalsa, unitamente allo spirito estremamente competitivo
inculcato nei giovani giapponesi allo scopo di trovare un posto in una società
spiccatamente meritocratica, uno dei motivi che lo spingeranno fin dalla prima
adolescenza ad emergere in campo letterario e a farsi promotore di innumerevoli
iniziative culturali.
Questo stesso
bisogno di affermazione lo muoverà, più tardi, a cimentarsi in campi artistici
molto differenti tra loro permettendogli di passare con disinvoltura dalla
poesia alla sceneggiatura di drammi radiofonici, dalla regia cinematografica
alla saggistica, alla produzione di documentari, al teatro, con un
inestinguibile desiderio di spingersi sempre oltre, verso nuovi traguardi, senza
adagiarsi sulle vittorie e sui riconoscimenti già conquistati. Altra
caratteristica fondamentale della personalità di Terayama è costituita dalla
sua innata curiosità, dalla capacità di osservare la realtà sotto svariate
chiavi di interpretazione e dall'ironia che gli ha permesso di affrontare i
temi resi sacri dal luogo comune e dalla comoda e rassicurante coscienza
collettiva per smascherarne la superficialità e l'ipocrisia, mettendone in luce
l'aspetto surreale o addirittura grottesco.
A soli dieci
anni, nel settembre del 1945, rimane orfano di padre, a cui era estremamente
affezionato, morto per i postumi delle ferite riportate durante un'incursione
aerea.
Terayama resta,
così, solo con la madre, Hatsu, che, per poter sopravvivere, è ben presto
costretta a lavorare come cuoca presso la base militare USA, ubicata nelle
vicinanze della loro abitazione.
Il piccolo Shûji
è in questo modo obbligato a trascorre da solo gran parte della giornata, tanto
che la solitudine diverrà per lui una compagna costante della infanzia e
adolescenza, così profonda da influenzare successivamente tutto il suo modo di
pensare e di conseguenza la sua produzione artistica. La solitudine era inoltre
accentuata dal difficile rapporto con i compagni di scuola, che lo deridevano e
osteggiavano per essere figlio di una 'traditrice', che aveva avuto l'impudenza
di lavorare per gli "invasori".
Due anni più
tardi viene affidato dalla madre, in partenza per il Kyûshû per motivi di
lavoro, ad alcuni parenti, abitanti nella città di Aomori, gestori di un
cinematografo.
Probabilmente è
proprio questa circostanza che dà la possibilità al giovane Terayama di
sviluppare la propria passione per il cinema e in ogni caso, di formarsi
un'ampia conoscenza in questo campo, che avrà modo di sfruttare circa un
decennio più tardi.
L'attività
letteraria di Terayama inizia molto presto, già negli anni della scuola media.
Nel 1949 il giornale della sua scuola accetta di pubblicare un suo rac-conto e, successivamente, poesie
tanka e haiku.
Nel 1951,
all'età di quindici anni, si diploma alla scuola media di Aomori e si iscrive
ad un liceo della stessa città, nella sezione di studi classici.
Continua a
collaborare con il giornale scolastico; pubblica inoltre una rivista, "La falena azzurra", e collabora
con altre due riviste letterarie.
L'anno
successivo la sua attività in campo letterario si fa più intensa: organizza con
alcuni compagni una conferenza letteraria nel liceo di Aomori e indìce un
concorso di haiku, rivolto agli studenti liceali della prefettura.
Sempre nello stesso anno redige e pubblica la
rivista di poesia "La rosa dei
pesci" (Gyorui-no bara).
Nel 1954, a
diciotto anni, si conquista l'attenzione di Nakamura Kusatao, Saitô Sanki e
Yamaguchi Seishi[20], stampando una rivista di haiku per
teen-ager, rivolta agli studenti liceali di tutto il Giappone; sempre Yamaguchi
Seishi gli fa pubblicare diverse poesie su importanti riviste.
Dopo essersi
diplomato al liceo di Aomori, si trasferisce a Tôkyô ed entra alla Università
Waseda.
Con le cinquanta
pagine di "Il fFestival
di Chehofu", scritte sotto l'influsso dei tanka di Nakashiro Fumiko,
vince la seconda edizione del premio del "Tanka
kenkyû", che segnerà l'inizio di una lunga serie di riconoscimenti che
costelleranno tutta la sua carriera.
Nel 1955 viene
ricoverato in un ospedale di Shinjuku per una nefrite, che, aggravandosi, lo
costringerà ad una degenza lunghissima, della durata di circa tre anni.
La malattia non
impedisce comunque a Terayama di proseguire la sua attività letteraria.
Durante la degenza in ospedale conosce un
coreano, che lo introduce nel mondo dell'ippica e delle scommesse,
comunicandogli una fervente passione per i cavalli. Una volta guarito, Terayama
frequenterà abitualmente l'ambiente delle corse, occupandosi di scommesse.
Sull'ambiente delle corse Terayama cura
nel corso della sua carriera numerosi documentari, saggi e sceneggiature.
Intorno ai ventidue anni Terayama inizia
ad appassionarsi ad un altro sport, la boxe, che costituirà per lui un vero e
proprio culto, tale da influenzare la sua produzione cinematografica e
teatrale, come avrà modo di dire egli stesso:
"La boxe è il blues del
sangue e delle lacrime."[21]
Il passaggio dalla produzione poetica alla drammaturgia avviene nel 1959, quando
inizia la sua esperienza di scrittore di sceneg-giature,
componendo, su incoraggiamento di Nakagawa Shuntarô, il primo di una lunga
serie di drammi radiofonici,
"Nakamura Ichirô", che gli varrà il primo premio al Festival delle trasmissioni nazionali[22].
Il successo riscosso in questa prima
esperienza induce Terayama a produrre una nuova sceneggiatura "Blues di un diciannovenne"
(Jûkyûsai-no burûsu), da cui verrà tratto un film.
L'anno successivo vince nuovamente il
premio del Festival delle trasmissioni nazionali con il suo secondo dramma
radiofonico, "Jiono". Nello
stesso anno Terayama manifesta per la
prima volta la sua vena trasgressiva e rivoluzionaria con la stesura di un
terzo dramma radiofonico, "A caccia
di adulti" (Otonagari), che
viene giudicato dalla polizia un'istigazione alla violenza e alla sovversione[23].
Subisce il primo di una lunga serie di interrogatori da parte
delle forze dell'ordine. Nasce così un sentimento di sospetto e sfiducia nei
suoi confronti da parte delle forze di polizia, che proseguirà durante tutta la
sua carriera artistica e che gli procurerà molte difficoltà soprattutto nella
messa in scena delle sue opere teatrali.
I problemi legali non arrestano comunque
la sua attività. Sempre nel 1960 scrive la sceneggiatura per due film, "Pistole addio" (Kenjû yosaraba) e
"Il lago pro-sciugato"
(Kawaita mizuumi); in quest'ultimo film è anche attore.
Negli anni immediatamente successivi
continua a scrivere sceneggiature e a recitare in diversi film e sceneggiati
televisivi. Si cimenta anche nel cinema sperimen-tale
con il lungometraggio "Il
prigioniero" (Kanshû), su pellicola a 16 millimetri.
Nel 1963, a ventisette anni, si occupa per
lo più di trasmissioni televisive, curando documentari, interviste,
trasmissioni per la ricerca di persone scomparse, reportage su fatti di sangue.
Sposa Kujô Eiko, incontrata sul set del film "Il lago prosciugato".
L'anno successivo vince il Grand Prix Italia con il dramma in versi
"La strega dei monti" (Yama
uba), e il premio di incoraggiamento al Festival
delle Arti per il dramma in versi "Abito
da cerimonia" (Tairei fuku).
Nel 1966 riceve di nuovo il premio Grand Prix Italia per la trasmissione
televisiva "La cometa Ikeya"
(Kometto Ikeya) e il premio per i giornalisti radiotelevisivi al Festival delle arti. Vincerà lo stesso
premio l'anno successivo per il dramma epico "Mandala", scritto per
la televisione.
Sempre nel 1966 pubblica la prima raccolta
di saggi sul mondo dell'ippica, "Incontriamoci
all'ippodromo" (Keibajô de aô), (altre due raccolte di saggi sullo
stesso argomento saranno pubblicate nel 1971.)
Il 1967 segna una tappa fondamentale nella
carriera teatrale di Terayama con la costituzione del laboratorio teatrale del Tenjô Sajiki[24], fondato il primo gennaio, insieme a Yokoo
Tadanori, Higashi Yûtaka e Kujô Eiko. Sono di questo anno le quattro prime
messe in scena della compagnia: "Il
gobbo di Aomori" (Aomori-no semushi otoko), "Il crimine della
signorina Debuko Ôyama" (Oo-yama Debuko-no hanzai), "La Marie Vison"
(Kegawa-no Marî) e "La Storia
degli Hanafuda"[25]
(Hanafuda Denki).
Nonostante la costituzione del laboratorio teatrale, Terayama non interrompe
le sue precedenti attività. Nel 1968 scrive la sceneggiatura per il film "Primo amore. L'inferno." (Hatsukoi·Jigoku-hen).
Sempre nel 1968 mette in scena a Tôkyô con il Tenjô Sajiki ben sette spettacoli
tra cui "Le mille e una notte di
Shinjuku" (Shinjuku-han sen'ichi yoru monogatari), e "Barbablù" (Aohige).
Il 1969 segna il debutto di Terayama in
campo internazionale; partecipa infatti con il Tenjô Sajiki agli Experimenta di
Francoforte, con gli spettacoli "Inugami"[26] e "La
Marie Vison", sperimenta inoltre un confronto internazionale facendo
recitare ad attori tedeschi il suo: "L'epoca
a cavallo dell'elefante circense" (Jidai-wa sakâsu-no zô-ni notte).
Sempre nel '69 viene inaugurata la sede ufficiale del Tenjô Sajiki, situata in
un vecchio magazzino di Shibuya, riadattato e adibito a teatro, con stanze per
i laboratori, una saletta da tè, e le stanze per i membri della compagnia.
L'inaugurazione viene effettuata il 15 marzo con lo spettacolo: "L'epoca a cavallo dell'elefante
circense" . In questo stesso anno Terayama divorzia da Kujô Eiko.
Nel 1970 scrive la sceneggiatura per un
nuovo film : "Il mascalzone"
(Buraikan). Durante questo anno si svolgono anche le prime tournée
giapponesi del Tenjô Sajiki, a Nagoya e a Kôbe. Sempre nel 1970 Terayama
sperimenta, a Tôkyô, il suo primo spettacolo di strada: "Tôkyô anno zero" (Tôkyô rei nen), a cui seguirà nello
stesso anno un nuovo spettacolo ideato per essere rappresentato nelle vie
cittadine, con la diretta partecipazione del pubblico: "L'aereo Salomone a propulsione umana" (Jinriki hikôki
Saromon). Ripete inoltre l'esperimento, già effettuato l'anno precedente a
Francoforte, di far recitare ad attori stranieri una sua opera, con "La Marie Vison" affidata
questa volta ad attori statunitensi.
Nel 1971 effettua con il Tenjô Sajiki una
nuova tournée europea, portando "Jashûmon"
(Gli eretici), in Olanda,
Yugoslavia e Francia. In quest'ultimo paese, tra l'altro, allestisce una messa
in scena di "La Storia degli
Hanafuda" affidando la
recitazione ad attori francesi, per la regia di Nicolas Bataille.
Nel 1972 effettua nuove tournée
all'estero; rappresenta in Germania occidentale l'opera all’aperto "Corri, Melos!" (Merosu hashire), in
Olanda "La guerra dell'op-pio" (Ahen sensô) e per
finire in Germania occidentale, Danimarca e Olanda "Jashûmon".
Sebbene la prima apparizione
internazionale del Tenjô Sajiki sia avvenuta nel 1969 a Francoforte, solo al Festival internazionale di Nancy nel
1973, Terayama e la sua compagnia divengono un vero e proprio fenomeno, pro-ducendo con i loro spettacoli enorme
sensazione, sollevando, nel pubblico e nella critica occidentali, commenti
anche molto discordi tra loro.
In ogni caso, sarà questa partecipazione
al Festival internazionale di Nancy, ad
aprire la strada europea al teatro giapponese d'avanguardia.
Nel 1973, oltre alla partecipazione al
Festival di Nancy, Terayama effettua un viaggio in Iran, dove rappresenta "Teoria sulla cavità della terra"
(Chikyû kûdô setsu); lo stesso anno rappresenta in Polonia e Olanda "Lettera di un cieco." (Môjin shokan).
Nel 1975 rappresenta a Tôkyô lo spettacolo
teatrale di strada "Knock"
(nokku) della durata di ben trenta ore consecutive. Porta in Tournée in
Olanda e in Belgio "Cronaca della
diffusione della pestilenza"
(Yakubyô ryûkô ki) che rappresenterà anche in Germania occidentale
l'anno successivo.
Nel 1976 chiude la sede del Tenjô Sajiki
di Shibuya e si trasferisce ad Asauno[27].
Organizza a Tôkyô il workshop aperto al pubblico: "La legge della gravitazione"
(Inryoku no hôsoku). Nel 1977 pubblica il lungometraggio "Boxer".
Nel 1978, a quarantadue anni, scrive la
sceneggiatura per il film "Il
terzo" (Sa-do). Effettua una
nuova tournée rappresentando, nelle principali capitali europee, l'opera che è
ritenuta dalla maggior parte dei critici il suo capolavoro: "Nuhikun"[28], rappresentato anche al Festival dei due Mondi di Spoleto l’anno
seguente.
Nel 1979 mette in scena "I Lemming - Accompagnati fino alla
fine del mondo" (Remingu - sekai-no hate made tsuretette).
Nel 1980 effettua un viaggio negli Stati
Uniti, portando in tournée "Nuhikun".
Nel 1981 rappresenta a Tôkyô "Cent'Anni di solitudine"
(Hyakunen no kodoku), tratto dal romanzo di Gabriel Garcia Marquez.
Nel 1982 effettua l'ultima tournée
all'estero rappresentando a Parigi "Nuhikun"
L'ultima sceneggiatura: "La lettera dell'amico Sagawa"
(Sagawakun-kara-no tegami), tratta da un romanzo di Kara Jûrô, la scrive
nel 1983, pochi mesi prima della sua scomparsa avvenuta all'età di
quarantasette anni, il 5 maggio 1983, per via delle complicazioni insorte in
seguito ad una cirrosi epatica.
La scomparsa di Terayama rappresenta un
duro colpo per la compagnia del Tenjô Sajiki, che, dopo la morte del maestro
subisce una grave crisi di identità. Dopo aver allestito la rappresentazione di
"Remingu kabenuke otoko" in
commemorazione di Terayama a Yokohama e ad Ôsaka, il gruppo si scioglie, il 31
luglio del 1983.
[1]Periodo
di tempo che va dal 1868 al 1912.
[2]da:
Takada Kazufumi - "La nascita del
teatro ‘Shingeki’
un aspetto della modernizzazione della cultura giapponese" in :"Il
Giappone",
vol. XXXI
[1991], Roma, 1993
[3]Corrente
attiva in Giappone dall’ultimo decennio Meiji fino all’era Taishô
(1912-1926).
[4]Espressioni
artistiche divenute ormai molto formali e stilizzate, consistenti di una
simbologia estremamente complessa e cristallizzata.
[5]Letteralmente:
‘Nuova
scuola’.
[6]Stilizzazione
dovuta tra l’altro, come afferma Paul Arnauld, a costrizioni di origine
legislativa:
"Longtemps
les Shôgouns avaient banni du théâtre toute allusion directe all’histoire
contemporaine." (P. Arnauld
Le Théâtre Japonais d’aujourd’hui, La Renaissance du livre, Bruxelles,
1974.)
Una volta eliminata questa restrizione la vita
quotidiana poteva finalmente entrare a far parte dei soggetti rappresentati.
[7]Takada
Kazufumi in: Il Giappone vol. XXXI.
[8]Nel
teatro classico giapponese era tassativamente vietato alle donnine di recitare,
anche i ruoli femminili venivano interpretati da attori uomini specializzati
nella recitazione di personaggi muliebri; nel Kabuki questo genere di attore
viene detto ‘Onnagata’.
[9]Letteralmente
‘Teatro
nuovo’.
[10](1859-1935)Scrittore
aderente alla corrente del Realismo ottocentesco autore del famoso saggio
intitolato "Shôsetsu shinzui" (L’essenza del romanzo) che
rappresenta la sua teoria nei riguardi del Realismo. Tsubouchi è
stato inoltre uno studioso della letteratura e del teatro europei ed in
particolar modo di Shakespeare di cui curò la traduzione completa delle opere
teatrali. Fu inoltre uno dei pionieri del teatro moderno giapponese, con la
fondazione del Bungei Kyôkai (Associazione delle arti
letterarie), compagnia teatrale che si proponeva in primo luogo di mettere
in scena le opere di Shakespeare con lo stile più fedele possibile al testo. Egli
credeva in maniera fervente nel teatro e cercava di trovare una formula che
potesse dare nuova luce a questa arte. Pur di mettere su la sua compagnia, un
teatro e una scuola di recitazione fu pronto a tutto, non si risparmiò
imponenti sacrifici finanziari arrivando a vendere la maggior parte delle sue
proprietà
fondiarie. Tsubouchi nell'ambito della sua attività teatrale non si
limitò
a rappresentare opere shakespeariane o comunque di altri autori occidentali:
mise in scena anche opere scritte di suo pugno in lingua giapponese, anch'esse
tuttavia aderenti alla drammaturgia del realismo di stampo occidentale. Lo
scopo finale che Tsubouchi si proponeva era quello di dare vita ad un
"vero teatro moderno giapponese seguendo i criteri del teatro occidentale.
[11]Per
onore di cronaca va tenuto presente che P. Lorenzoni in "Storia del
teatro giapponese" afferma: "Lo
Tsukiji Shôgekijô, fondato da Osanai, passò successivamente ai partiti di
sinistra (dove venne diretto da Hijikata Yoshi), insieme a due discepoli di
Sadanji, Genemon Nakamura e Chojuro Kawarazaki, i quali costituirono su solide
basi con altri attori il famoso Zenshinza, o 'Teatro d'avanguardia'. Questo si proponeva di reagire alle forme
classiche del kabuki, adattandole alle nuove esigenze spirituali del
popolo."
In ogni caso, va tenuto presente che, dal
materiale a nostra disposizione, non è possibile decifrare se lo Tsukiji
Shôgekijô,
fosse un teatro in cui vari gruppi rappresentassero un determinato tipo di
spettacoli o se invece non esistesse una compagnia legata a questo teatro che
ne riportasse anche il nome.
[12]Scrittore
e autore teatrale (1924-1993). Le sue opere riflettono l’alienazione e l’incapacità
di integrazione dell’uomo moderno nella società. L’isolamento dovuto all’incapacità
di riconoscersi in un gruppo. La solitudine profonda dell’uomo
nelle grandi città.
Fin dai primi racconti rifiuta le tecniche del realismo
propugnate troppo spesso dalla critica come la forma più opportuna per il
romanzo moderno.
[13]Betsuyaku
Minoru (1937 - ) è stato il primo, tra i drammaturghi maggiori, ad emergere
nel contesto del nuovo teatro degli anni '60. A tutt'oggi egli rimane uno
scrittore prolifico e una presenza significativa nel panorama della produzione
teatrale d'avanguardia. A differenza di altri autori teatrali del periodo, tra
cui Terayama, egli si è dedicato al teatro limitandosi esclusivamente a scrivere
dei testi, senza partecipare attivamente all'allestimento e alla messa in
scena. Pertanto egli non è molto favorevole ad un tipo di teatro in cui il
linguaggio, così come la figura del commediografo, rivestano un ruolo del
tutto marginale. Le sue opere si possono definire "drammi
dell'assurdo", per via delle tecniche usate, e hanno profonde radici nelle
tradizioni e nella cultura giapponesi. Sono scritte nella lingua di uso
quotidiano, eppure, al tempo stesso sono caratterizzate da un linguaggio molto
raffinato e conciso. Esse sono definite da Senda Akihiko come "profondamente Metafisiche". Oltre
alle opere teatrali Betsuyaku ha scritto anche sceneggiature per lo schermo e
diverse opere per bambini. Si interessa tra l'altro anche di arte occidentale, di cui è
un fine conoscitore.
[14]I
motivi per cui i critici giapponesi vedono nel periodo Taishô
e nella prima epoca Shôwa un'era idilliaca si possono ricondurre a due filoni
principali, connessi tra loro: da una parte sta l'euforia seguita all'apporto
di una grande serie di nozioni tecnologiche da parte dell'occidente, le quali
vennero assorbite e messe in pratica con abilità, trasformando in brevissimo tempo
la nazione e lo stile di vita dei cittadini. L'ottimismo generato dalle
innovazioni e dal 'progresso' contribuì a creare un sentimento
positivista, secondo il quale il Giappone era destinato a divenire una potenza
sempre più
grande, fatto dimostrato dalle espansioni militari, come ad esempio avvenne in
Corea e Manciuria. Dall'altra parte stava il sentimento molto saldo, da parte
del popolo giapponese, della propria identità e peculiarità
culturale, che permetteva ai giapponesi di assorbire elementi di culture
estranee giustapponendole e non sostituendole a quella autoctona. La pesante sconfitta
subita nella seconda Guerra Mondiale ha
privato questo popolo della propria identità e ha polverizzato la chimera
positivista del Giappone invincibile, in eterno progresso. Proprio questo stato
di perdita dei valori e della coscienza nazionale portò a guardare
all'epoca precedente come a un giardino
felice, ormai perduto.
[15]da
"Teatro contemporaneo" -
diretto da M. Verdone, Roma, 1986.
[16]Yokoo
Tadanori: Yûjô-no chôten-ni
Tenjô Sajiki-ga umareta. Tayô,
n.363, settembre 1991.
[17]
Detta anche mijika uta, letteralmente
'poesia corta', per distinguerla dalla chôka, 'poesia lunga'. Unitamente
alla chôka,
costituisce il genere principale della poesia in lingua giapponese.
Dall'VIII sec. d.C. in poi diverrà
sinonimo della waka 'poesia
giapponese', nome che viene attribuito a questo genere per distinguerlo da
quello del kanshi, ‘poesia in lingua cinese’.
E' composta di cinque versi, consistenti in un totale
di 31 sillabe. (metro: 5-7-5-7-7)
[18]Forma
poetica, derivante dallo haikai-renga
‘poesia
a catena’,
nata nel primo periodo Tokugawa (1600-1868) con il nome di haikai e solo successivamente definita haiku. E' la forma più breve della poesia giapponese con
i suoi tre versi di 5, 7, 5 sillabe.
Il massimo rappresentante dello haikai classico fu
Matsuo Bashô
(1644-94).
Mentre il renga
scomparve dopo la restaurazione Meiji (1868), lo haiku continuò
a prosperare e si è mantenuto ineguagliato veicolo del lirismo giapponese
fino ai nostri giorni.
[19]All'anagrafe
risulta registrato solo il 10 gennaio dell'anno successivo per via di una serie
di contrattempi.
[20]Poeti
e letterati famosi in tutto il Giappone.
[21]
Da "Il Tenjô
Sajiki è nato al culmine
dell'amicizia" intervista a Yokoo Tadanori in Tayô
- settembre 1991.
[22]Minhôsai.
[23] Terayama stesso si considerava "High on the list of dangerous thinkers
in Japan." (Joan Mellen Voices
from the Japanese cinema,
Liveright, New York, 1973 p.275).
[24]
La piccionaia.
[25]
Carte da gioco giapponesi su cui sono impresse figure floreali.
[26](Letteralmente
divinità
cane.) Spiritello con le forme di un piccolo animale, capace di rendersi
invisibile che, secondo la superstizione popolare, apporta disgrazie a chi lo
incontri.
[27]
Altra lettura: Mafu.
[28]Questo
termine è
stato tradotto in inglese come “Directions
to Servants”, facendo riferimento
all’omonima
opera di J. Swift.
In realtà il vocabolo giapponese è
un neologismo composto da tre ideogrammi con letture distinte uniti a formare
una parola da Terayama: ‘nu’ = servo; ‘hi’ = serva e ‘kun’
= insegnamento, precetto.